ITALO CALVINO E L’IMMAGINAZIONE

Calvino con la figlia Giovanna e ChichitaDopo Truman Capote, riprendo la ricerca dei volti degli autori che hanno inciso a mio giudizio così profondamente nel modo di intendere la letteratura basata sulla sfrenata fantasia e l’immaginazione: Italo Calvino. Non è facile per una persona così schiva come lui aver lasciato tracce di sé così personali. Lo si ritrova qui per un istante a giocare con la figlia Giovanna e la moglie Chichita. Lei li osserva discreta in un salotto degli anni “70.

E a proposito di immaginazione … il momento che più conta per me è quello che precede la lettura. A volte è il titolo che basta ad accendere in me il desiderio di un libro che forse non esiste. Alle volte è l’incipit del libro, le prime frasi… Insomma, se a voi basta poco per mettere in moto l’immaginazione, a me basta ancor meno: la promessa della lettura. Così Calvino fa dire ad un lettore di “Se una notte d’inverno un viaggiatore”, un entusiasta avido degli sguardi di altri che come lui vagano di fantasia in fantasia ispirate dal fruscio delle pagine di un libro. “Se una notte …” è il romanzo per il lettore distratto, insofferente, indaffarato, ansioso, che non cerca una trama logica e sequenziale che di fatto non c’è nel libro, ma il puro piacere dell’emozione della lettura. Purtroppo, o per fortuna, le forti aspettative create in una stazione non meglio identificata e in un’epoca probabilmente a noi prossima, non vengono mantenute. L’amaro in bocca per l’ennesima storia interrotta non ci da pace, a volte ci sembra di decifrare la trama in qualche paragrafo successivo, ma disperati non possiamo che completarla da soli come in un sogno proseguito nel dormiveglia. Così per dieci capitoli, dieci vicende fulminanti, dici frustrazioni, dieci consolazioni da sogno.

Ciò che il protagonista di “Se una notte …” vive come un incubo e che gli impedisce di essere un onesto lettore desideroso solo di arrivare alla fine del libro è capitato curiosamente anche a me: leggendo la mia copia fresca di stampa, notavo che aveva un sedicesimo [*] ripetuto nelle pagine centrali. Calvino inserisce nel primo capitolo esattamente questo inconveniente che è il primo del suo lettore protagonista. Senza spiegazioni plausibili, anche la mia copia aveva lo stesso problema. Il mio sospetto era lecito, … vuoi che non l’abbiano fatto apposta? Il timore di chiarirlo col libraio mi ha sopraffatto. Lui mi ha liquidato con un sorriso malizioso: «Ma lei lo vuole cambiare perché le pagine hanno tutte un’ammaccatura su quel sedicesimo (un orecchio come dico io), o perché c’è un errore di stampa?». Già quale dei due? Alla fine ho scambiato la mia con una copia intonsa e senza difetti d’impaginazione. Così facendo però, e me ne sono reso conto subito dopo, ho perso la prova provata che il romanzo difettoso esiste, che l’autore possa andare oltre l’editore o meglio del protagonista del romanzo che si perde nei meandri di dieci incipit senza una fine. Del resto, il titolo è un inganno fin dall’inizio. “Se una notte…” non è il titolo giusto, è solo il nome del primo capitolo. Quello corretto potrebbe suonare come: ABITUATI a PERDERTI (il finale).


[*] “Un libro è fatto di «sedicesimi»; ogni sedicesimo è un grande foglio su cui vengono stampate sedici pagine e viene ripiegato in otto; quando si rilegano insieme i sedicesimi può capitare che in una copia vadano a finire due sedicesimi uguali; è un incidente che ogni tanto succede.“ Italo Calvino – Se una notte d’inverno un viaggiatore – Oscar Mondatori 2003

Paul Klee – Fausto Melotti, temi e passioni comuni

“Li separavano 22 anni e 300 chilometri. Erano artisti entrambi. L’uno pittore, l’altro scultore. Tutti e due amavano la musica, la natura, gli animali: passavano con grande facilità dall’osservazione del gatto, del fiore, dell’insetto alla riflessione sul senso cosmico dell’arte”. Al Museo d’Arte di Lugano fino al 30 giugno 2013

Visitando la mostra, ho ritrovato le familiari copertine di Italo Calvino per le edizioni Mondadori con le immagini delle opere di Fausto Melotti. Puro caso? IC

E se un giorno un viaggiatore …

L’uomo che viaggia e non conosce ancora la città che lo aspetta lungo la strada, si domanda come sarà la reggia, la caserma, il mulino, il teatro, il bazar. In ogni città dell’impero ogni edificio è differente e disposto in un diverso ordine: ma appena il forestiero arriva alla città sconosciuta e getta lo sguardo in mezzo a quella pigna di pagode e abbaini e fienili, seguendo il ghirigoro di canali orti immondezzai, subito distingue quali sono i palazzi dei principi, quali i templi dei grandi sacerdoti, la locanda, la prigione, la suburra. (I.Calvino – Le città invisibili)

E quali opere troverà il viaggiatore nei palazzi dei principi e di che opere stiamo parlando. Quadri, statue, affreschi, monumenti, manoscritti, e note biografiche sull’autore, e riferimenti alla loro collocazione e situazione. Servirebbe un catalogo che le classifichi in qualche modo, che ne indichi il precorso e la traccia.

E’ quello che il Comune di Varese intende fare: creare il Catalogo generale delle proprie opere d’arte esposte al Castello di Masnago, ai Musei civici, a Villa Mirabello. Saranno le ristrettezze economiche ma forse anche la voglia di coinvolgere gli appassionati cittadini che ha spinto l’Assessorato alla Cultura a sollecitarli a contribuire economicamente con un progetto di crowdfunding.

In pratica è possibile finanziare privatamente l’iniziativa con piccoli contributi di qualche euro collegandosi al sito http://www.buonacausa.org/cause/catalogomuseivarese entro il 31/05/2013. Ad oggi, già una ventina di sostenitori hanno aderito all’idea per 730 €. Chi ben comincia …

Attimo dopo attimo, giorno dopo giorno …

Tra le molte virtù di Chuang-Tzu c’era l’abilità nel disegno. Il re gli chiese il disegno d’un granchio. Chuang-Tzu disse che aveva bisogno di cinque anni di tempo e d’una villa con dodici servitori. Dopo cinque anni il disegno non era ancora cominciato. «Ho bisogno di altri cinque anni» disse Chuang-Tzu. Il re glieli accordò. Allo scadere dei dieci anni, Chuang-Tzu prese il pennello e in un istante, con un solo gesto, disegnò un granchio, il più perfetto granchio che si fosse mai visto.

(da Italo Calvino, Lezioni americane, Rapidità)

Così nel Progetto Orchidea, attimo dopo attimo, giorno dopo giorno, si realizza la perfezione della natura.

Riscopriamo Italo Calvino

E “Se una notte d’inverno un viaggiatore …” si fermasse a Torino? Per un weekend non sarebbe poi male poter vagare per le strade del capoluogo ed immergersi nel mondo magico dei romanzi di Italo Calvino.  Il 18 Settembre ricorre il venticinquesimo anniversario della morte di Italo Calvino, per me lo scrittore da tenere sul comodino e di quando in quando rileggere se il bisogno di “leggerezza” delle Lezioni americane  prevale sulle nebbie della giornata, con la voglia di scappare per le Città invisibili della sua fantasia.  Torino è la città in cui ha vissuto e lavorato per più di quarant’anni e in occasione della manifestazione Portici di carta tra sabato 18 e domenica 19 porterà per le strade del centro, sotto i portici di via Roma, in piazza San Carlo e in piazza Carlo Felice, ben 141 tra librerie e case editrici. In collaborazione con il Salone del libro, l’Associazione librai italiani e le Scuole librai di Orvieto e di Venezia, è stato anche organizzato un concorso: i negozi sono invitati a creare vetrine con opere o pagine di Calvino. Le più fantasiose e scenografiche saranno premiate con l’opera omnia dell’autore (il regolamento su http://www.porticidicarta.it).

La sera del 18, sempre nell’ambito di Portici di carta, alle 21 in piazza San Carlo, Calvino sarà ricordato da Ernesto Ferrero, suo collega all’Einaudi e direttore del Salone Internazionale del Libro, e da Silvio Perrella. Il giorno successivo il giornalista Piero Bianucci sarà la guida di un itinerario attraverso i luoghi “calviniani” di Torino, con ritrovo alle 10 in via Biancamano, sede dell’Einaudi e conclusione alla Birreria di via Mazzini, uno dei luoghi più frequentati dagli intellettuali di allora e di oggi.

Le città invisibili: L’Aquila?

Il 5 e 6 Aprile si è rievocato all’Aquila l’anniversario dei fatti legati al terremoto che tutti ricordiamo.

Tra le tante cose organizzate nel centro storico della città, alcuni attori hanno letto stralci da “Le Città invisibili” di Italo Calvino. Come mai mi sono chiesto? Forse che L’Aquila sia sparita nel vortice delle pietre frantumate dal sisma?

In realtà il titolo ha un altro significato: Diomira, Isidora, Dorotea,  sono le città che esistono solo nella nostra fantasia o nel sogno, il sogno per il quale le vogliamo collocare a tutti i costi su un atlante geografico dei sentimenti, la nostalgia per la quale devono esistere esattamente come vorremmo che fossero.

Le città invisibili sono ciò che Marco Polo racconta al Gran Kan al ritorno dei lunghi viaggi all’interno del vasto impero. Dapprima sono resoconti precisi di derrate di merci, di persone incontrate, di polvere e di dettagli delle rotte del viaggio. Poi Marco si addentra sempre più nella comprensione dei luoghi della mente, nelle riflessioni su cosa ha visto, sentito e amato.

Esattamente come per la speranza degli abitanti dell’Aquila, che tutto sia come prima, che un sogno sia stato.