
E’ così bello pensarti lì, ora che pronunci il tuo discorso di fronte agli “Immortali”, la prima fra tutte, l’unica per ora che ha dimostrato che cambiare si può, si deve. Non preoccuparti dei loro no, e dei nostri, non spaventarti dei loro attacchi, trattieni la rabbia e passa oltre. Continua, continua a pensare a ciò che tu dici, senza lasciarti distrarre da quei ronzii, non spazientirti.
Non mi trattengo più, mi sono messa a correre di qua e di là, se così si può dire. Non c’è spazio abbastanza per contenere la mia gioia. E’ così facile, adesso, vederti per quello che sei, puntigliosa, insoddisfatta di quello che hai scritto, mai convinta di comprendere fino in fondo ciò che regali generosa. Fidati di me, almeno una volta, continua.
Dopo tutto quel vagare, dopo quell’insaziabile ansia di conoscere l’altro, ci siamo arenate qui in riva all’oceano, aspettando di far pace tra noi, di uscire al largo con una barchetta di giunco, di remare infine per il verso giusto. Non siamo mai state l’una per l’altra nelle piccole cose, ma è di noi due unite fino in fondo che mi piace pensare. Il sovrapporsi dei nostri volti in un’unica immagine, quasi a non distinguere, se potessi crederci, la nostra anima diversa.
Ci siamo divisi i compiti, io i lavori domestici, tu il giardino in fiore, noi l’ascoltare delle voci dei pini e dei cedri quando il vento finalmente tace. Presto riprenderemo di nuovo a sorriderci di fronte al sole che scende all’orizzonte. Corro, corro e rido, grido e allargo le braccia, mi spingo più avanti, respiro forte, chiudo gli occhi e solo così ti vedo. Come potrò mai farti sapere quello che provo adesso, io che non sono mai riuscita a dirtelo in faccia. Sono passati solo alcuni attimi dall’ultima volta. Eppure mi sembrano troppi Marguerite, un’eternità per poter dirti ancora, brava.
Northeast Harbor, ME, 22 Gennaio 1981
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