Le città invisibili: L’Aquila?

Il 5 e 6 Aprile si è rievocato all’Aquila l’anniversario dei fatti legati al terremoto che tutti ricordiamo.

Tra le tante cose organizzate nel centro storico della città, alcuni attori hanno letto stralci da “Le Città invisibili” di Italo Calvino. Come mai mi sono chiesto? Forse che L’Aquila sia sparita nel vortice delle pietre frantumate dal sisma?

In realtà il titolo ha un altro significato: Diomira, Isidora, Dorotea,  sono le città che esistono solo nella nostra fantasia o nel sogno, il sogno per il quale le vogliamo collocare a tutti i costi su un atlante geografico dei sentimenti, la nostalgia per la quale devono esistere esattamente come vorremmo che fossero.

Le città invisibili sono ciò che Marco Polo racconta al Gran Kan al ritorno dei lunghi viaggi all’interno del vasto impero. Dapprima sono resoconti precisi di derrate di merci, di persone incontrate, di polvere e di dettagli delle rotte del viaggio. Poi Marco si addentra sempre più nella comprensione dei luoghi della mente, nelle riflessioni su cosa ha visto, sentito e amato.

Esattamente come per la speranza degli abitanti dell’Aquila, che tutto sia come prima, che un sogno sia stato.

2 pensieri su “Le città invisibili: L’Aquila?

  1. Gibellina – Valle del Belice – Trapani
    le impronte delle case che esistevano
    sono i fantasmi viventi di un paese
    che è morto per rinascere vicino
    ma non più sullo stesso suolo

    • marvan ha detto:

      Non sapevo che a Gibellina (vecchia) ci fosse questa mega opera di Burri http://www.flickr.com/photos/pelodia/2767707803/
      … Con le sue crepe e le sue spaccature, il Grande Cretto di Burri rievoca i terribili effetti della natura. Immortala il momento della tragedia, in cui tutto si frantuma.
      L’impressione è amplificata dal singolare contrasto con l’ambiente circostante, aspro, ma a tratti coltivato. Su un lato, il Grande Cretto evoca l’idea della terra che trema e uccide. Sull’altro, il tracciato ordinato dei vigneti sulle colline antistanti evoca l’idea della terra faticosa ma pacifica, che risponde alla mano dell’uomo dando frutti.

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