Van Gogh Milano – L’uomo e la terra

van-gogh-paesaggio-con-covoni-di-grano-e-luna-che-sorge-1889« Anche se seguito a produrre opere nelle quali si potranno ritrovare difetti, volendole considerare con occhio critico, esse avranno una vita propria e una ragione d’essere che supereranno i loro difetti, soprattutto per coloro che sapranno apprezzarne il carattere e lo spirito. Non mi lascerò incantare facilmente, come si crede, nonostante tutti i miei errori. So perfettamente quale scopo perseguo; e sono fermamente convinto di essere, nonostante tutto, sulla buona strada, quando voglio dipingere ciò che sento e sento ciò che dipingo, per preoccuparmi di quello che gli altri dicono di me. Tuttavia, a volte questo mi avvelena la vita, e credo che molto probabilmente più d’uno rimpiangerà un giorno quello che ha detto di me e di avermi ricoperto di ostilità e di indifferenza. Io paro i colpi isolandomi, al punto che non vedo letteralmente più nessuno »

« Osservo negli altri che anch’essi durante le crisi percepiscono suoni e voci strane come me e vedono le cose trasformate. E questo mitiga l’orrore che conservavo delle crisi che ho avuto […] oso credere che una volta che si sa quello che si è, una volta che si ha coscienza del proprio stato e di poter essere soggetti a delle crisi, allora si può fare qualcosa per non essere sorpresi dall’angoscia e dal terrore […] Quelli che sono in questo luogo da molti anni, a mio parere soffrono di un completo afflosciamento. Il mio lavoro mi preserverà in qualche misura da un tale pericolo. »

« Mi sono rimesso al lavoro, anche se il pennello mi casca quasi di mano e, sapendo perfettamente ciò che volevo, ho ancora dipinto tre grandi tele. Sono immense distese di grano sotto cieli tormentati, e non ho avuto difficoltà per cercare di esprimere la mia tristezza, l’estrema solitudine. »

(Van Gogh – L’uomo e la terra – Palazzo Reale Milano – 18 Ottobre 2014 / 8 Marzo 2015)

GIANNI BERENGO GARDIN. STORIE DI UN FOTOGRAFO

Interisti festosi per le via di Milano, dimostranti e bandiere in piazza, soldati che scappano, venditori di bolle di sapone, case di ringhiera, i baci. Ma anche l’impegno sociale nel documentare la situazione dei manicomi prima che venissero chiusi per sempre, i campi degli zingari ritratti da re, i paesaggi ed i filari di cipressi in toscana. E poi Venezia, le brume di fronte alla laguna, l’Arsenale rigorosamente in bianco e nero, da Parigi a Monfalcone, da Vercelli a Osaka.

Gianni Berengo Gardin (1930) ha pubblicato 200 libri fotografici e ha esposto in innumerevoli mostre le sue opere essenziali, mai eccessive o troppo appariscenti: «Non mi interessa essere un artista, sono un testimone della mia epoca».

A Milano – Palazzo Reale fino al 8 Settembre 2013