Eravamo in macchina questa estate nell’ovest della Francia e la solita stazione radio con poca pubblicità e tanta musica pop si è fermata per un attimo per dare qualche notizia d’attualità. Da principio non si è capito un granché, il nostro francese scolastico ha fatto acqua anche in questa tragica occasione: “ma chi, Robbie o Robin Williams, zitti un po’, morto, forse suicidio, per overdose, ma allora è Robbie, quello dei Take That”. Invece, la simpatia per Robin ci impediva di credere anche alla più semplice delle verità, dunque avanti con gli Abba, che strazio.
All’arrivo in città, è l’evidenza di una copertina di ParisMatch del 13 Agosto attaccata al vetro di una lavanderia che ci ha bloccati perplessi a riflettere. A pensarci bene, non ci sono delle gran foto in rete, niente che riguardi Williams come persona. Un sacco di pose prese dei set più famosi, da Patch Adams a Una notte al museo, da Good Morning, Vietnam a L’attimo fuggente, da Jumanji a Will Hunting, ma ben poco su di lui che faccia capire quali fossero i sui demoni.
Appena finita la sua biografia di Emily Herbert (che noia!) ci si rende conto di quante risate ci siamo fatti in sua compagnia, di quanti film abbiamo visto al cinema o in televisione, di quanto quest’uomo ci abbia fatto intuire che una battuta non ti cambia la vita ma che dopo una decina ti può venire il mal di pancia. E non è poco. Non sono sicuro che sia attribuibile a lui direttamente ma «I cinesi fanno di tutto! Anche gli adesivi “Tibet libero”» è quella che meglio ce lo fanno immaginare come sempre gentile e travolgente.
Ho letto “Risvegli” prima di aver visto il film (1990) e devo dire che quest’ultimo mi ha fatto capire meglio del primo chi siano i pazienti malati di encefalite letargica. Questo grazie all’umanità del protagonista e all’interpretazione dell’amico Robert De Niro, maniacale nel particolari e nel manifestare i sintomi della malattia. Di lui, il vero Dott. Oliver Sacks dice: «Dopo il nostro primo incontro, Robin “possedeva”, o rispecchiava, alcuni dei miei manierismi e atteggiamenti, la mia andatura, il mio modo di parlare: tutti aspetti dei quali fino ad allora non mi ero reso conto. Al principio, fui sconcertato nel vedermi riflesso in questo specchio vivente. Parlavamo, e il modo in cui stavamo in piedi, le nostre cadenze, i gesti, erano gli stessi: come se avessi improvvisamente acquisito un gemello identico. In seguito, questa mimesi fin troppo esplicita lasciò il posto a un ritratto molto più profondo, più soggettivo, il ritratto di un essere che era per metà Robin e per metà me, creato dalla sua immaginazione e dai suoi sentimenti non meno che dall’osservazione condotta su di me; infine, subentrò un nuovo personaggio, che non era né Robin né me, ma aveva una vita e una personalità proprie.» (Risvegli – Oliver Sacks – Adelphi Edizioni)