Segue da PASSATO – FUTURO – IDENTITA’ (1/3)
Integralismo, rifiuto del cambiamento, ideale di passato, fierezza. Ci si potrebbe aspettare di trovare nelle opere d’arte contemporanee i riflessi di una tragedia immane, di disperazione e di rovina. In parte questo è tangibile. Ma se di tragedia si può parlare, questa è la disperazione e la rovina dovuta al continuo stato di allerta per il conflitto in atto. Si è consci del passato, mentre il futuro sembra derivare da un presente dilatato di positività, ma non di ottimismo.
Riprendiamo come spunti di indagine e riflessione alcuni esempi di artisti israeliani contemporanei che non costituiscono di certo la globalità dell’arte di questo popolo, ma forse ne delineano i tratti interessanti e distintivi.
Il futuro: il mito del soldato, la bellezza della gioventù, la prospettiva
Nell’opera “Gioventù perduta”, Nir Hod raffigura un funerale militare. Il dipinto, prodotto direttamente da una fotografia di giornale raffigura un gruppo di giovani soldati visti attraverso il centro di una corona funebre di grandi dimensioni. La bara del compagno morto, anche se non è visibile nel quadro, è indicata dalla presenza dei fiori e dei soldati che fanno il saluto militare. Le opere di Nir Hod sono dominate da immagini di giovani bellissimi circondati da fiori altrettanto belli in vari stadi della fioritura, creando così un evidente collegamento fra bellezza, gioventù e morte. Questa predominanza chiarisce che non è solo il dolore a essere traumatico, ma anche la bellezza ad esso collegata. “Il quadro del funerale è un passaggio alla politica”, spiega Hod. “Si tratta di un funerale universale che commemora tutti i giovani, soldati di entrambi i sessi, chiunque essi siano”.
Yael Bartana è una videoartista la cui famiglia è profondamente radicata in Israele. Le sue opere indagano gli aspetti sociali, militari e nazionali della società israeliana che contribuiscono a formarne l’identità. Il suo lavoro Trembling Time (2001), descrive il rituale suono della sirena che segnala l’inizio del giorno dedicato alla memoria dei soldati caduti nelle guerre d’Israele. Ogni anno, il giorno 4 del mese di lyar del calendario ebraico, alle otto di sera, in tutto il paese risuona per un minuto una sirena che annuncia l’inizio del giorno della memoria dei caduti. La sirena costituisce una particolare consuetudine nazionale israeliana, che si è sviluppata dopo la fondazione dello stato ed è formalizzata da una legge. Essenzialmente è un segnale, che per un preciso lasso di tempo strappa al fluire regolare della vita i cittadini israeliani: tutti interrompono all’istante le loro occupazioni per bloccarsi sull’attenti a testa china; solo l’urlo della sirena taglia il silenzio. Per un minuto l’individuo e lo stato si fondono, uniti nel lutto nazionale. Non appena la sirena cessa, ognuno ritorna alle proprie occupazioni.
Osservando le fotografie panoramiche di grandi dimensioni di Barry Frydiender, l’occhio vaga senza fermarsi in un singolo punto. Qui non si tratta del solito, rapido, sguardo sufficiente per una fotografia; è necessaria un’osservazione che richiede una lunga sosta di fronte all’opera. I lavori sono costituiti da decine di fotografie scattate in orari e giorni diversi, con fotografo e macchina fotografica in movimento, con l’obbiettivo esposto per tempi diversi, successivamente montate ed elaborate digitalmente. Il prodotto finale sono composizioni ricche di dettagli, che rappresentano il soggetto – luogo o persone che siano – con straordinaria eleganza, ben superiore all’immediato e al concreto dato reale. “Shirat Ha-Yam”, (Il canto del mare) del 2005, è il nome di un piccolo insediamento costiero nel sud della Striscia di Gaza, che è stato evacuato durante il ritiro israeliano da Gaza nell’agosto 2005. Frydiender si è recato sul posto per documentare l’evento “Volevo essere presente all’inizio, proprio nel momento della fine dell’occupazione”, ha commentato. Nella fotografia si vedono il piccolo insediamento e suoi abitanti circondati dai soldati. I militari sono schierati a semicerchio, in perfetto ordine, mentre gli abitanti sembrano spinti verso l’acqua; questa volta non più dagli egiziani, come nel caso dell’Esodo biblico, bensì da soldati israeliani.
A seguire