ISRAELE, UNA STORIA D’AMORE – Dispensa 2

Israele una storia d’amore – Dispensa 2

(Ad esclusivo uso interno di Unitre Tradate)

ISRAELE, UNA STORIA D’AMORE

Quella di un popolo per la sua storia

Con qualunque occhio lo si guardi, il popolo di Israele è da sempre oggetto di interesse, curiosità, giudizi. Ma Israele è anche la sua narrazione, con i suoi miti fondativi e la sua realtà storica che dura da più di tre millenni. Una storia da raccontare con verità, disincanto ….e inquieto amore.

Seconda parte: I PRINCIPALI MITI FONDATIVI

 I Patriarchi

Abramo – Isacco – Giacobbe:

  • Non si trovano connessioni parentali. Si tratta di leggende distinte di clan o tribù con i loro capi carismatici

Giuseppe:

  • sulla datazione del racconto delle storie di Giuseppe tutti gli studiosi concordano nel posizionarla nel periodo post esilico (Babilonia)

Mosè e l’Esodo

  • Il percorso dell’esodo  e l’ambientazione topografica del conferimento della Legge sono elementi assai tardi (di età post esilica di Babilonia)
  • inseriti nel racconto al fine di attuare un collegamento logico e narrativo tra i due elementi della promessa:
    • uscita dall’Egitto e
    • presa di possesso della terra.
  • La storia personale di Mosè ha un tono largamente fiabesco:
    • la nascita e la mancata soppressione ricordano la storia di Ciro e quella di Sargon di Akkad, racconti che potevano essere conosciuti solo nella Babilonia dell’esilio.
  • Anche gli elementi di ambientazione egizia sembrano piuttosto tardivi
    • gli studiosi vedono in Mosè una figura artificiosa di raccordo tra le leggende patriarcali  e il tema della conquista della terra promessa.
  • Mosè non è mai citato negli scritti precedenti l’età post esilica
  • Una composizione tarda implica una descrizione del viaggio nel deserto quale poteva essere immaginata (in Babilonia o successivamente a Gerusalemme) da parte dei gruppi giudei di ambientazione cittadina.
  • Nel descrivere l’attraversamento del deserto, si utilizzarono
    • spezzoni di itinerari che dovevano derivare da rotte militari o commerciali,
    • percorsi di pellegrinaggio verso luoghi santi nel deserto,
    • percorsi di vecchie direttrici di transumanza pastorale.
  • L’identificazione degli itinerari dell’esodo è difficile e la localizzazione del Sinai è in discussione.
  • La scrittura del decalogo su due tavole in pietra viene ambientata nel Sinai e rimanda, così, a tradizioni antiche delle tribù meridionali, alle loro vie di transumanza e ai loro santuari montani, all’origine meridionale di Yahvè, al territorio rarefatto che si frappone fra Egitto e Palestina.
  • La vicenda della conquista di Canaan doveva servire da modello per la sua riconquista da parte dei reduci della prima età persiana.

La conquista della Terra

  • La legittimazione del possesso della terra di Canaan è quello dell’arrivo dall’esterno e della conquista armata in adempimento della promessa divina.
  • Tale idea fondativa è presente nei profeti dell’VIII secolo ac (Osea e Amos).
  • Viene in realtà usata come metafora della liberazione dal dominio straniero.
  • C’era convinzione che Yahvè aveva sottratto Israele al controllo egiziano e gli aveva conferito il controllo in piena autonomia del paese che esso già abitava

La terminologia

    • far venire,
    • far tornare,
    • far uscire,
    • far entrare
  • costituisce il cosiddetto codice motorio già applicato in testi del tardo Bronzo per indicare spostamenti di sovranità che non comportavano alcuno spostamento fisico di persone.
  • Anche in testi egiziani si descrive come cattura di intere popolazioni quella che fu una conquista territoriale, con la popolazione diventata suddita ma lasciata sul posto. Si tratta quindi di un uso idiomatico del codice motorio (un modo di dire)

Giosuè e i Giudici

  • La narrazione della conquista della terra come un’azione coordinata e congiunta delle dodici tribù è un costrutto artificioso.
  • E’ evidente la maldestra utilizzazione di tradizioni diverse e stratificate nel tempo.
  • I racconti sono separati e si tratta in sintesi di una giustapposizione di episodi diversi, connessi al fine di conferire un senso di conquista totale.
  • Si trattava di raccontare la ripresa di possesso della terra di Canaan da parte dei reduci dall’esilio babilonese.
  • Il paradigma di Giosuè è quello della guerra santa i cui principi sono i seguenti:
  • Dio è con noi
  • Combatte al nostro fianco
  • Garantisce la vittoria
  • Le azioni belliche devono essere precedute da preparazione votivo cultuale
  • Il frutto della vittoria va votato a Dio
  • In conclusione se il popolo è fedele a Dio sicuramente vincerà.
  • Se sarà sconfitto dovrà ricercare le cause dell’insuccesso in una sua infedeltà.
  • Non tutti i gruppi estranei vennero eliminati: molti furono assimilati
  • In particolare i popoli “veri” (Filistei, Fenici, Edomiti, Moabiti e Ammoniti) rimasero distinti e inconquistati.

Il paradigma del Libro dei Giudici

  • Gli autori del Libro hanno attinto a miti, racconti tradizionali e leggendari
  • non forniscono tanto un quadro complessivo dell’Israele del XII secolo, quanto piuttosto un quadro di come l’Israele esilica e post esilica immaginava il suo periodo formativo in terra di Canaan.
  • La narrazione del periodo dei Giudici avviene invece nel corso del VI secolo, quindi in periodo post esilico e non prima della costituzione del regno di Israele.
  • Storicamente i Giudici erano figure dedite all’amministrazione locale e poco o nulla di quanto viene di loro descritto nel Libro dei Giudici corrisponde alla realtà.
  • Lo scopo del redattore era dimostrare come, in un paese circondato da re e regni, il popolo di Israele (il resto tornato dall’esilio) doveva dotarsi anch’esso di una struttura monarchica, in quanto gli amministratori locali portavano solo benefici transitori, precari.
  • La struttura narrativa è tipica della fonte deuteronomista:
  • il popolo attraversa una serie di crisi, periodi bui, oppressioni
  • Yahvè lo punisce per la sua oscillante fedeltà
  • ma dopo un periodo di oppressione Yahvè si pente e manda un giudice per salvare il suo popolo e annientare i nemici
  • il popolo vive in pace per un certo periodo
  • Il messaggio è chiaro e sempre lo stesso:
    • le disgrazie del popolo derivano dalle sue colpe, la salvezza risiede in Yahvè e se gli saremo fedeli nessuno ci potrà resistere. 
  • Accanto a tale messaggio ve ne è un altro più pragmatico:
    • una dirigenza occasionale come quella dei Giudici non può che produrre benessere occasionale.
    • Solo la monarchia può fornire una soluzione definitiva. Essere senza re significa rimanere in inferiorità, ai margini

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