La metafora del viaggio, considerata da Blumenberg (Naufragio con spettatore, Il Mulino, Bologna, 1985) come lo strumento per comprendere l’esistenza umana, viene utilizzata per intendere la modernità rappresentata soprattutto nel passaggio da un osservatore distante dal naufragio ad un osservatore coinvolto e immerso nei pericoli della navigazione. Platone parla di una navigazione verso la Verità: il rischio è quello di raggiungere o meno la meta; Pascal parla di una navigazione dentro l’esistenza in cui il soggetto vive i pericoli che la navigazione comporta. Esiste anche l’esperienza di essere insieme naufraghi e spettatori di sé stessi; per Leopardi “il naufragar m’è dolce in questo mare” e di Ungaretti è il paradosso: “E subito riprende il viaggio/Come/Dopo il naufragio/Un superstite/Lupo di mare”. “Naufragio con spettatore” è in fondo una definizione non solo della filosofia, ma dello stato dell’arte. AI concetto di “naufrago” è, in qualche misura correlato quello di “viandante”. Umberto Galimberti (“Il viandante della filosofia” Ed. Aliberti) in una intervista spiega: “L’etica dei principi mutabili non funziona perché la natura è manipolabile. Potremmo ricorrere ad Aristotele, che ci indica nell’etica della ‘saggezza e prudenza’ la possibilità di valutare caso per caso. Fare una valutazione non significa dettare principi e regole, ma chiede di decidere se la questione in campo è vantaggiosa o no per l’essere umano, a seconda delle circostanze. Purtroppo ci troviamo in un’etica non eterna, – non immutabile, quella che io chiamo l’etica del viandante. E il viandante di volta in volta deve decidere come si fa a superare la montagna o a traversare il fiume.”
ARIELE – Nessuno. Non c’è stata una creatura che non sia impazzita di paura, fino a compiere gesti disperati. E tutti a bordo – meno i marinai – si son gettati nell’acqua schiumosa, lasciando il barco da me messo in fiamme. Ho visto il figlio del re, Ferdinando, con i capelli ritti da sembrare che avesse in testa un intero canneto, gettarsi in mare il primo, avanti a tutti, gridando: “S’è spopolato l’inferno! Perché i diavoli stanno tutti qui!” W.Shakespeare – La tempesta
Una bella immagine dell’ansia ed del terrore per l’imprevedibile.
La filosofia del viandante mi fa pensare alla ricerca della felicità.
L’arte è felicità o è solo un mezzo per raggiungerla?
Sicuro, prova a vedere anche …
“La partenza, il viaggio preparato e sognato nelle stanze di casa, nelle strade del quartiere, nel mercato di Testaccio, nel cimitero degli inglesi davanti alle tombe di Shelleey, Keats, Gramsci, Gregory Corso. Come nasce il desiderio di partire. Una mappa, un libro, un film, un quadro, una fotografia. Si parte già prima, molto prima di prendere il treno e l’aereo. Un dolly sulla nostra vita quotidiana. Ci vediamo da fuori, cominciamo a staccarci… E attenzione perche’ un viaggio, appena nato, e’ gia’ grande, capace di pensare con la sua testa, di andarsene con le sue gambre. Ad un certo punto, si alzera’ in piedi e partira’. E a noi… a noi non restera’ che seguirlo.”
(Giuseppe Cederna – Il viaggiatore incantato – http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/puntata/ContentItem-74075aae-7a0e-41cc-b581-b1f8e4db381e.html )
Arrivando a ogni nuova città il viaggiatore ritrova un suo passato che non sapeva più d’avere: l’estraneità di ciò che non sei più o non possiedi più t’aspetta al varco nei luoghi estranei e non posseduti. (Italo Calvino – Le città invisibili)