Quello che mio nonno non raccontò mai

Non è vero che i nonni, quando chiedi loro della guerra, raccontano sempre tutto. Almeno, mio nonno parlava molto poco della sua esperienza di POW (Prisoner Of War). La sua reticenza mi appariva incomprensibile. In fondo, pensavo, gli era andata bene: catturato in Africa nella primavera del 1943, trasferito in Gran Bretagna e lì trattenuto come prigioniero-lavoratore fino alla metà del 1946. Certo, si era dovuto sorbire un ingiustificabile anno di prigionia extra dopo la fine della guerra, lavorando praticamente gratis per la ricostruzione dell’Inghilterra, ma non era finito in un lager nazista e nemmeno era morto al fronte. Cosa volere di più?

E invece ogni volta che doveva parlare di quel periodo si incupiva, come se qualcosa ancora lo tormentasse. Qualcosa che non ha mai detto.

Dopo la sua morte decisi di fare delle ricerche sulla sua esperienza. In vari archivi trovai molto materiale sulla prigionia: documenti segreti, diari, lettere. In ogni foglio cercavo il nonno, speravo di riconoscere la sua scrittura.

Un giorno mi imbattei in un faldone non troppo grande, dal titolo intrigante: “Procedimenti giudiziari contro i prigionieri di guerra”. Vi erano raccolte le sentenze dei tribunali britannici contro prigionieri italiani. Scoprii che furono parecchi i nostri soldati che, approfittando della parziale libertà loro concessa in quanto prigionieri-lavoratori, cercarono di sedurre ragazze britanniche. Molte volte, ovviamente, ci riuscirono, attirandosi l’ira dei maschi locali. Si sa, Italians do it better. Fin qui, niente di male: era contro il regolamento, ma come biasimare giovani che non avevano rapporti con donne da anni? Il fatto, però, è che a volte le ragazze erano già sposate, né mancarono casi di stupro, che comportarono anche alcune gravidanze.

Improvvisamente, un buco in pancia. Vuoi vedere che… no, non può essere! Girai le pagine all’impazzata, leggendo tutti i nomi degli italiani coinvolti. Ed improvvisamente eccoti lì, nonno. Finalmente ti ho trovato. Finalmente ho capito. Non uno stupro, non ne saresti stato capace, ma un rapporto di una notte con una ragazza sedicenne, un figlio mai riconosciuto. Ne conoscevi l’esistenza, ma non hai mai voluto avere notizie di lui. Avevi una moglie a casa ad aspettarti, un’altra famiglia.

Quante volte avrai pensato a lui? Quante volte ti sarai chiesto di che colore avesse gli occhi? Tranquillo nonno, vado io a vedere com’è. Sto partendo per Londra, vado a conoscere mio zio. Un figlio segreto della guerra, uno dei tanti. Gli racconterò di te. Devo dirgli che, nonostante tutto, gli hai voluto bene?

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