Nacque il 4 gennaio del 1900, e con l’incoscienza dei suoi quindici anni mio nonno Rico andò a far la guerra, la Grande Guerra. C’erano i ragazzi del ’99, quelli che abbiamo studiato sui libri di scuola. E poi c’era mio nonno che, anche se per soli quattro giorni, la guerra avrebbe potuto risparmiarsela. E chissà quanti altri come lui.
Si arruolò volontario, negli alpini. Forse pensava di far colpo sulle ragazze, forse pensava fosse una cosa semplice, da non prendere troppo sul serio.
Provarono a mandarlo a casa dopo una ferita. E lui, dopo i mesi di convalescenza, eccolo di nuovo al fronte. Promosso ufficiale sul campo, così poteva restare.
Quando ero piccola la domenica mi regalava sempre duecento lire e un cioccolatino ripieno di caffè liquido, le duecento lire si potevano dire, il cioccolatino al caffè era un segreto, perchè il caffè ai bambini fa male.
Poi mi raccontava le sue storie.
Una notte, al fronte, sul Piave, lui e il suo battaglione avevano il compito di attraversare le linee nemiche, era molto buio e dovevano muoversi in assoluto silenzio.
Lui camminava davanti a tutti, cercando i sassi su cui poggiare i piedi. Saggiava l’erba, il ramo, il muschio.
Dopo un’ora raggiunsero il muretto al di là del quale sarebbero stati al sicuro.
Faceva freddo ed erano tutti molto stanchi. Mio nonno per primo salì sul muretto per passare dall’altra parte, e prima di saltare giù si girò per dire ai suoi di stare zitti e di far piano. Fu proprio in quel momento che: BARABAM, con tutto il fragore immaginabile il muretto di sassi cedette sotto il suo peso. Un fracasso infernale.
Mio nonno mi raccontava di alpini furiosi, che saltavano il muretto e imprecavano contro di lui, e di nemici che, svegliati di soprassalto, sparavano nel buio della notte contro il rumore. Eppure, nella drammaticità del momento e del racconto, io scoppiavo a ridere ogni volta quando lui, con fare felpato, mimava il momento in cui scavalcava e in cui inesorabilmente il muretto cedeva.
Questa era la meravigliosa grandezza di mio nonno. La sua guerra, terribile, dolorosa, costata la vita a tanti, troppi suoi commilitoni e amici, veniva tradotta per me bambina nella guerra del muretto che crolla nella notte e delle imprecazioni che sanno di beffa dei suoi soldati, soldati per i quali, alla fine della guerra, lui stesso costrì un bellissimo monumento su cui c’è un’iscrizione che recita così: “Il battaglion Bassano ai suoi alpini che vinsero morendo l’ultima gloriosa battaglia”.
« …Una sera uno di noi gridò:
“Guardate l’Ortigara, ha cambiato colore!”
Aveva cambiato colore, la montagna, e fumava, gialla e negra, dai suoi mughi inceneriti, dalle buse colme di gas… »
(Paolo Monelli, Sette battaglie)