Varese, domenica di sole. Sono a Villa Panza, e mi godo la giornata di fronte al mio faggio. Oggi non è come tutte le altre feste, oggi compio ottantacinque anni. Tanti. Sono qui, seduto su una panchina, e guardo la città che sonnecchia tra le fronde di questa pianta maestosa.
Si può dire che siamo cresciuti assieme, io qui ci venivo con i primi amorazzi, per rincorrerci e baciarci. Poi ci sono venuto con Silvia, e non ho corso più. Un giorno abbiamo inciso la corteccia del faggio, un semplice cuore trafitto da una freccia. Mi dicevi, Silvia, che il nostro amore avrebbe resistito alle intemperie, come la corteccia del faggio. Che lui, l’albero, lo avrebbe portato verso il futuro, perché la sua cicatrice era una promessa. Ci siamo amati, e ora i figli mi riempiono le giornate, con la nuova generazione che da poco si è affacciata alla vita.
Ogni compleanno vengo qui, per ricordarti e per ricordare le cose che abbiamo fatto assieme. Come quando venivo a prenderti a scuola, per scappare con la Vespa. E la prima volta che in una cantina fredda, ma bollente di desiderio, ci siamo toccati. La prima notte, il ricamo delle lenzuola che ti avvolgevano. Il parto di Giovanni, lungo e magro, com’è adesso. E tutte le volte che mi sei stata vicina, nei mille momenti di debolezza che abbiamo attraversato, assieme.
È incredibile come le persone che non ci sono più restino, invece. Non vanno mai via, e vivono grazie ai nostri ricordi. Presenti, come se li toccassimo.
Passo la mano sulla cicatrice di questo gigante, il disegno ancora si intuisce, mi emoziono. Avevi ragione tu, il faggio si è curato del futuro del nostro amore.
Giulia, la più piccola e impertinente delle nipoti, mi raggiunge. Nonno, ti senti bene, perché ti appoggi all’albero? Sto benissimo, Giulia, vedi questa cicatrice? Ho inciso la corteccia con tua nonna quando eravamo fidanzati. Fidanzati? Che schifo, non sono cose per me, io non mi fidanzerò mai! Ti fidanzerai, piccola, già vedo la fila dei pretendenti alla tua porta. Promettimi una cosa: quando succederà, portalo qui, a villa Panza. E fagli vedere il cuore che hanno inciso i tuoi nonni. Guarda la sua reazione. Se ti chiederà di farne uno anche per voi, abbraccialo e tienitelo stretto. E accarezza l’albero. Non sai quanti di loro accompagneranno le promesse d’amore nel futuro.
Parlo, e mi accorgo solo ora che Giulia è già lontana, persa nei suoi giochi. Ma sono contento comunque. Oggi è una giornata particolare.
Sbaglio o il grande Faggio ha qualche acciacco? Non vorrei ma che fosse per le troppe cicatrici. Io non esagererei, mi accontento di guardarlo da lontano.