Ci sono uomini che si fingono pesci. Si depilano quasi ovunque, indossano costumi sintetici ultra aderenti e nuotano in vasche rettangolari divise in corsie. Quando toccano il bordo fanno una capriola e tornano indietro. Ripetono questo più e più volte. Li chiamano atleti, per l’esattezza nuotatori. Moltissime persone si radunano per osservarli.
Altri uomini si fingono ghepardi o gazzelle. Solitamente corrono su piste ovali, anche queste divise in corsie, fermandosi quando superano una linea prestabilita. Anche loro sono atleti, velocisti o fondisti, e sono seguiti da un vasto pubblico.
Questa è la storia di un uomo che si finge un albero. E’ di mezza età, tutti i giorni lascia il dormitorio in cui passa la notte per andare nel giardino di una piccola casa abbandonata. Lì si toglie la camicia e rivela qualcosa di sorprendente: ogni centimetro quadrato della sua pelle è tatuato. Lo stesso disegno è ripetuto, simile ma non esattamente uguale, centinaia di volte, sul petto, sul dorso, sulle braccia. Sono foglie. Il colore dominante è il verde. Solleva le braccia al cielo e si prende le mani componendo un cerchio sopra la testa. Rimane immobile in quella posizione per ore. Riceve vigore dai raggi del sole e quando il cielo è coperto sperimenta il grigiore delle mezze ombre. Altre volte percepisce la brezza, il vento sferzante o la pioggia battente. Alla fine si riveste e va a mangiare in una mensa per indigenti. Lo chiamano pazzo. E’ discreto e non attira le folle.
Oggi qualcuno ha notato il pazzo nel giardino della casa abbandonata, con le braccia disposte a cerchio. Le autorità lo vengono a prendere. Lui pronuncia due sole parole, ma non reagisce. Lo devono sollevare e trasportare di peso come un oggetto inanimato. Lo portano al pronto soccorso. Le sue condizioni di salute sono più che buone, ma non risponde alle domande. Non appena lo lasciano solo, ecco che tenta di andarsene. Ma non può andarsene, oggi piove e non capisce che gli verrebbe un accidente standosene all’aperto seminudo. Gli iniettano un sedativo e chiamano i servizi sociali. Quando gli operatori arrivano lui è molto più calmo, sta addirittura dormendo. Dorme così profondamente che da quel sonno non si risveglierà più, il tranquillante ha fatto il proprio dovere oltre misura.
Ci sarà un’inchiesta. Chi lo ha accompagnato in ospedale riferirà le uniche parole uscite dalla bocca del pazzo: «E’ autunno…»
A proposito, mai visto OILPROJECT?
http://www.oilproject.org/lezione/giuseppe-ungaretti-soldati-parafrasi-figure-retoriche-2822.html