1962. Ottobre. Un uomo è seduto a una scrivania, fissa la luce che fuori dalla grande finestra sembra precipitare, ha il viso contratto dal troppo pensare, è stanco. Un secondo uomo è immobile nel centro della stanza, ha la barba rada, quasi fosse una delle prime. Ha un sigaro spento tra le dita. Entra un terzo uomo con una divisa militare di stoffa leggera, ha un vassoio in mano e lo sistema sulla scrivania, tornato alla porta, un attimo prima di poggiare la mano sulla maniglia:
“Puoi rimanere” Impossibile capire se sia domanda o affermazione.
Il terzo uomo ritira la mano e scatta sull’attenti accanto alla porta. Il secondo uomo si volta verso la finestra, poi guarda in direzione del militare, si alza il berretto, si aggiusta i capelli e lo infila nuovamente con grande eleganza:
“Abbiamo imparato che la storia la cambiano gli uomini. Ne abbiamo avuto la prova. Il popolo ci aspettava. Anche gli altri popoli aspettano solo questo” Le parole sembrano colorare l’aria
“Il nostro popolo ci aspettava” Piombo
“Il nostro popolo è fatto di uomini, come qualsiasi altro”
Giunge un silenzio e i tre uomini lo accolgono come un ospite gradito. Il primo uomo si alza, prende un bicchiere e fa per portarselo alla bocca ma si ferma, lo guarda per il tempo di un pensiero veloce e tagliente, poi beve.
“Io conoscevo quelli con cui sono partito. Sapevo usare l’arma che imbracciavo. Avevo presente l’obiettivo da raggiungere” Si volta verso il secondo uomo “Ci sono quarantamila sconosciuti nell’isola, abbiamo cannoni che possono distruggere città intere e non so perché lo faccio”
Il climax lo porta a urlare. Il secondo uomo lo guarda impassibile e accende il sigaro. Il primo uomo riprende con ritrovato contegno:
“Scusami. Aspetteremo quella telefonata. Non sta a noi decidere, non è la nostra guerra”
Il terzo uomo fissa l’angolo della libreria. Un silenzio più ruvido invade la stanza e per qualche secondo avanza incontrastato ma lo squillo di un telefono lo travolge.
Il primo uomo percorre lentamente i passi che lo dividono dal telefono e raccoglie la cornetta senza esitazioni. Una mosca sbatte più volte sul vetro della finestra senza riconoscerlo. “Grazie” Riappende “È arrivata la comunicazione di Kruscev. I missili verranno smontati e lasceranno l’isola” termina l’acqua rimasta nel bicchiere.
“Spero sia la scelta giusta” Il secondo uomo rimane negli occhi del primo, torna a baciare il sigaro ed esce dalla stanza.
Il primo uomo aggira la scrivania pensieroso poi avanza verso il terzo uomo, cerca i suoi occhi ma li trova impreparati. Sono reduci da un leggero sorriso. È la scelta giusta.
Sono reduce da un leggero sorriso.