RL – QUELLA STREGA – STEFANIA SIGNORELLI

QUELLA STREGA

Di STEFANIA SIGNORELLI

 

Michael Dominoni era il peggior incubo di ogni maestra che avesse vissuto l’avventura di averlo in classe. Era un bambino villano e viziato. O almeno, questo è quello che pensava, purtroppo di lui, la sua maestra Ada.

Ogni giorno Michael si divertiva a giocare con la psp durante le lezioni. Ogni giorno la maestra Ada gli sequestrava “quella benedettissima psp”, come la chiamava lei, e la infilava nel secondo cassetto sotto la cattedra. Ogni giorno Michael, prima o dopo lo squillo della campanella, riusciva comunque ad acquattarsi sotto la scrivania per andare a riprendersela.

–        La maestra mi vuole rubare la psp! – diceva, anche se i  compagni non sembravano molto convinti.

–        Maestra perché non lasci giocare Michael con la psp così noi almeno facciamo lezione?- chiedeva ogni tanto qualcuno in quinta A.

–        Perché non è giusto per Michael perdere la lezione e per noi perdere Michael. – ripeteva soddisfatta della sua filastrocca la maestra Ada.

Anche di questo i compagni non sembravano convinti. Pensavano che senza di lui la vita sarebbe stata più bella. Era difficile dare loro torto: se Michael non si divertiva a strappare le figurine dei compagni era perché li aveva obbligati a regalargliele. E se masticava una cicca, era solo per poi appiccicarla  sui capelli di una bambina,  in genere la timida Greta, solo perché aveva la sfortuna di sedergli nel banco innanzi. Poi la cicca, così ben masticata, non ne voleva sapere di staccarsi e la malcapitata Greta piangeva come una fontana. Allora Michael, al solito, estraeva la forbice dall’astuccio e, sventolandola di modo che tutti la potessero vedere, la apriva e richiudeva:- Stai tranquilla! Non piangere Greta, che ci penso io! – minacciava entusiasta.

La fontana diventava allora una cascata di disperazione inconsolabile, le bambine si mettevano tutte a strillare  un po’ per solidarietà, un po’ perché amavano tanto le belle scene drammatiche, e Ada si trovava a difendere Michael da un tentativo di linciaggio improvvisato in classe:

–        Michael, perché fai così con le tue compagne?-

–        Perché mi diverto – rispondeva il bambino.

–        Ma loro no – osservava Ada.

–        E chi se ne frega! – rispondeva lui felice e contento. Michael si divertiva anche a gettare il cibo dei compagni sul pavimento durante la mensa. Ovviamente tutti si arrabbiavano, ma lui non si scomponeva troppo e rispondeva scocciato:

–        Quante storie, tanto puliscono i bidelli! –

–        Perché quel cibo dovrebbe andare sprecato o il tuo compagno rimanere senza pranzo?- chiedeva la maestra.

–        Tanto è un ciccione schifoso – rispondeva Michael.

–        Chiedigli subito scusa!- lo incalzava lei.

–        Scusa se ti ho buttato il pranzo a terra, ciccione schifoso.-

–        Michaaaaeeel!- urlava lei. Ma Michael rideva più forte. Le sue maestre avevano provato con le buone, con le cattive e con tanta pazienza. Purtroppo nessuna di loro era riuscita a migliorare l’atteggiamento del bambino. A un certo punto avevano fatto intervenire uno psicologo, preoccupate che Michael avesse qualche problema di personalità. Il vecchio dottore calvo, interrogato sui problemi di Michael, disse che il bambino era un piccolo prepotente. La preside, scandalizzata, non volle più avere a che fare con quel dottore, che probabilmente non capiva i veri problemi del bambino. Michael Dominoni era anche il peggior incubo dei bidelli:

–        Ancora un sei mesi e poi Dominoni finalmente va alle medie – pensava il bidello Guido, e intanto scrostava la pittura a tempera con la quale Michael aveva preferito decorare il proprio banco, piuttosto che il proprio foglio da disegno.

In classe il bambino ogni cinque minuti aveva la mano alzata per chiedere alla maestra di andare al gabinetto. A Michael infatti piaceva tantissimo frequentare il bagno, anche se per motivi diversi dai consueti. Adorava bagnare la carta igienica e farne pallottoline da gettare sul soffitto, dove si potevano appiccicare o ricadere sul pavimento. I bidelli faticavano ore a rimuoverle. In alternativa trovava affascinante gettare chilometri di carta nel gabinetto per intasarlo. Per questa ragione la maestra Ada gli permetteva di recarsi in bagno il meno possibile e, nel caso, metteva di guardia un secondo compagno. Era però accaduto che Michael infilasse nel wc la testa di Giorgio, il suo alunno più vivace, umiliato e ferito da un atteggiamento di cui Michael riusciva solo a ridere. Da allora il trasferimento al bagno avveniva con la scorta del bidello che tornava sempre con nuove maleducazioni da riferire.

Quando Ada lo rimproverava e gli scriveva una nota sul diario, Michael improvvisava un balletto e urlava: – Sono un uomo ricco!!! Papà mi regala dieci euro ogni volta che mi dai una nota maestra. Scrivi! Scrivi! Scrivila lunga due pagine, così me ne faccio dare venti-

Ada avrebbe tanto voluto conoscere papà, ma i genitori di Michael non si erano mai presentati a scuola in cinque anni. Non sapeva letteralmente che faccia avessero. Un autobus lo accompagnava, un autobus lo veniva a prendere. C’era stato solo qualche sbrigativo contatto telefonico, in cui la madre di Michael aveva dichiarato che lei, avvocato impegnatissimo, tempo da perdere per faccende di bambini, proprio non ne aveva. Nonostante l’aiuto della colf, Michael non aveva mai svolto un compito a casa, usava i libri solo per lanciarli e rideva allegramente dei problemi che causava.

In prossimità del Natale il comportamento di Michael andava peggiorando: a scuola rincorreva i bambini di prima per convincerli che Babbo Natale non esiste, a casa tormentava la donna delle pulizie perché gli comprasse tutto ciò che gli veniva in mente. La donna gli obbediva perché non ne poteva più dei suoi capricci e acquistargli ciò che voleva era un modo per tenerlo zitto qualche ora. Tanto pagavano i suoi genitori. La mattina dopo Michael spiegava in classe che tutti erano degli stupidi tranne lui, che lui faceva tutto quello che voleva e otteneva tutto quello che chiedeva.

Se assisteva ad una buona azione, trovava subito il modo per denigrarla. Ad una compagna che aveva regalato il suo materiale ad un nuovo arrivato che non parlava italiano diceva:

  • Che brava Giada!Adesso credi che Cicciopanza con la barba bianca ti premierà per Natale?-

Giada, che era una bambina sveglia oltre che buona gli rispose al volo:

–        No, perché è dalla prima che chiedo a Babbo Natale di farti sparire, ma purtroppo non è ancora successo! – . La classe scoppiò a ridere e Michael, furioso, scattò in piedi intenzionato a picchiarla. La maestra intanto interveniva a calmare gli animi. Era sempre così: a Michael piaceva prendere in giro, ma non tollerava minimamente le prese in giro degli altri. Ora tutti ridevano di lui e Ada pensava a quanto era solo.

  • Babbo Natale è un’invenzione degli adulti per ricattarti a essere buono- sbottò Michael

–        Allora chissà quanti regali NON ti porterà Babbo Natale!- gli rispose Giada.

–        Me li ha già portati, invece. È da novembre che mi porta i regali. L’anno scorso ho passato tutto il giorno di Natale a scartare pacchi. Dalla mattina alla sera. I giocattoli erano così tanti che mi sono addormentato prima di scartarli tutti. E sai perché? Perché i miei genitori sono ricchi e possono comprarmi tutto quello che voglio e quando lo voglio. Non come i genitori di Gabriele che..-

–        Adesso basta Michael. Direi che hai fatto abbastanza il pallone gonfiato per oggi.- disse Ada.

–        Lo sanno tutti che suo papà è un disoccupato e sua mamma non fa niente-

–        Il mio papà è in cassa integrazione e la mia mamma è una casalinga – rispose Gabriele.

–        Tua mamma è disoccupata e tuo papà sarà disoccupato, comunque i soldi non li ha e Babbo Natale non arriva da chi i soldi non li ha –

  • Michael sei insopportabile- la maestra stava per esplodere e Gabri aveva le lacrime agli occhi.

–        Cosa ho detto? Sempre con me ce l’hai! –

–        Michael chiedi scusa al tuo compagno, subito! –

–        Lo sanno tutti che mette i vestiti usati del fratello di Sara – continuò Michael.

–        E allora, cosa c’è di male? Vai in bagno a schiarirti le idee, pettegolo che non sei altro. –

–        Ah? Posso andare in bagno da solo adesso?- gongolò Michael.

–        No, chiamo il bidello –  disse Ada sconfitta.

Ciò che preoccupava maggiormente Ada, negli ultimi tempi, era l’incredibile convinzione, da parte del bambino, che lei fosse una strega e volesse mangiarselo. “Questo bambino ha seri problemi” rifletteva tra sé la maestra “ormai sono giorni che non mi permette di avvicinarlo, con la fissazione che sono una strega cattiva”. Infatti Michael un bel mattino se ne era entrato in classe pensieroso, con uno strano sogno fatto nella notte, un sogno oscuro, da raccontare ai compagni a bassa voce: la loro cara maestra era in realtà una perfida strega che progettava di mangiarlo.

I compagni se la ridevano all’idea della maestra Ada, tanto buona, che mangiava Michael in un sol boccone, ma Michael era serio serio. “L’ho sognato” diceva.

–        Il sogno e la realtà sono due cose diverse- gli ripeteva Ada, a cui i compagni di Michael avevano riferito lo strano sogno.

–        Io lo so che tu sei una strega e non vedi l’ora di mangiarmi- le rispondeva imbronciato. La sua era una convinzione precisa e ostinata più che il ricordo di un brutto sogno.

La sera del 24 Dicembre Michael, mentre ciondolava per casa, con sua enorme sorpresa, vide Babbo Natale in persona che aggiungeva una scatola ai numerosissimi pacchi accatastati sotto l’albero. Dapprima si spaventò e rimase incredulo ad osservarlo a distanza, ma in poco tempo la sua natura battagliera ebbe la meglio e il bambino si avvicinò a Babbo Natale, in carne e carne. Babbo Natale era tondo come un uovo e camminava piano verso di lui, con un’andatura basculante a base allargata, come una papera. Quell’omone gli sorrideva ed era piuttosto buffo a vedersi. A guardarlo bene, assomigliava un po’ allo spazzino.

–        Babbo Natale, ma allora esisti, esisti davvero!- disse con gioia.

–        Certo che esisto. – Babbo Natale sfoderò il suo sorriso più largo ed incredulo, felice della gioia negli occhi del bambino. – Allora Michael, mi pare che tu stia facendo del tuo peggio. –

–        Perché?-

–        A scuola, a casa, il modo in cui maltratti Pierino – . Pierino era un piccolo gatto nero con delle macchie bianche e Michael, dopo aver pianto per averlo, lo maltrattava tentando di appiccargli fuoco alla pelliccia.

–        Non vuoi essere felice Michael?- chiese Babbo Natale.

–        Si- rispose già annoiato – ma cosa mi hai portato?-

–        Il regalo più bello. L’ho messo vicino a tutti i giochini che ti hanno comprato. Nel mio pacchetto troverai una scatola blu con un nastro bianco.  Dentro c’è il dolore degli altri. –

–        E cosa me ne faccio?- chiese Michael più deluso che sorpreso.

–        Può aiutarti a diventare una brava persona-

Michael non parlava, scontento e nervoso. Non inveiva contro Babbo Natale solo per paura che potesse avere qualche strana reazione e magari portarselo al polo nord.

–        Guarda nella scatola Michael. Guarda con attenzione –

Michael si avvicinò alla pila di regali e strappò la carta dal pacchetto portato da Babbo Natale. C’era una piccola scatola blu fermata da un nastro bianco. Lo sciolse. Tolse il coperchio. Guardò all’interno e non vide che una scatola blu vuota. Si volse verso Babbo Natale, ma già non c’era più:

–        Cicciopanza rincretinito! – urlò con la scatola vuota tra le mani.

–        Tutto bene Michael?- gli chiese la donna delle pulizie.

–        Si, no, che te ne importa a te? –

La donna, che si chiamava Virginia, tornò in cucina. Michael guardò la scatola e non vide niente. Non vide Greta piangere per i suoi capelli con ciocche più corte, Giorgio che sotto le coperte ricordava con angoscia la sua testa ficcata nel wc, non vide gli sforzi delle sue maestre per capirlo, né lo stupore angoscioso di Matteo per la morte della nonna. Non vide la paura di Pierino tutte le volte che gli si avvicinava e non sentì il profumo di vaniglia che veniva dalla cucina. Di certo non poteva vedere, nemmeno scrutando a fondo quella scatola blu, la rabbia rossa che bruciava in suo padre.

Uscì per buttare subito quell’inutile scatola vuota nella spazzatura. Virginia cercò di fermarlo:

–        Michael, fa freddo fuori. La butto dopo io, non preoccuparti –

Michael le rispose con una parolaccia e lo guardò gettare con soddisfazione una scatola vuota nella spazzatura. Ovviamente il bambino non guardò per terra. Se l’avesse fatto avrebbe visto la neve.

Al rientro dalle vacanze di Natale, deluso e annoiato, si mise a urlare nel bel mezzo di una lezione sul congiuntivo:

–        Basta, Basta. Non ne possiamo più! Falla finita. Che barbaa sto congiuntivo, mamma miaaa-

–        Michael non cominciamola. Non interessa a te? A noi si invece- lo ammonì Ada.

–        No! – Il bambino cominciò a rovesciare a terra il quadernone del compagno.

–        Michael, insomma, cosa c’è che non va?-

–        Rivoglio la mia psp!-

–        E io non te la do. –

–        E io me la riprendo –

Michael si alzò in un nanosecondo per poi gattonare veloce come un furetto verso la cattedra. Si riprese la psp prima che la maestra riuscisse a posare il gesso. Ada allora cercò di prenderlo:

–        Vai maestra! – tifavano i bambini, tranne Michael, ovviamente.

–        Cosa vuoi fare strega? Mi vuoi mangiare?- urlava Michael, quasi acciuffato, in tono di sfida.

–        Adesso Michael la smetti!- gli rispose la maestra, che con un balzo da gatta gli si avvicinò e, nella sorpresa generale,  in un sol boccone se lo mangiò.

–        Oh, oh! – dissero i bambini, sgranando gli occhi increduli.

–        Meglio non far arrabbiare troppo la maestra…- pensò Giada.

–        Cavoli, proprio come aveva sognato!- pensò Marco.

–        Che sapore ha Michael?- chiese Giorgio.

–        Non proprio buono – rispose Ada.

–        Vuoi una caramella maestra?- le chiese Greta, accarezzandosi i capelli.

–        Oh grazie Greta! Dovete sapere che i bambini prepotenti sono i più difficili da digerire. – La maestra sorrideva, poi disse dolcemente – Bene, riprendiamo –

 

È superfluo sottolineare come in classe fossero tutti molto, molto attenti.

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