L’APPUNTAMENTO
Di MICHELE PROTOPAPAS
Luca Montes sapeva di essere in ritardo mentre di corsa scendeva le scale che lo avrebbero condotto nella camera mortuaria dell’ospedale di Bologna, ma in un gesto masochista guardò per l’ennesima volta l’orologio che segnava le 8.15. Non era così tardi, dopotutto, ma gli sarebbe dispiaciuto lasciare sola la sorella in quell’occasione, così accelerò nuovamente il passo.
Davanti alla porta d’ingresso della camera non c’era nessuno. Forse Federica era già entrata, così bussò, ma ancora nessuna risposta. Provò poi a girare la maniglia per entrare, ma la porta era chiusa a chiave. Luca non poteva far altro che aspettare e cercare di ricomporsi. Dopo neanche un minuto, sentì il riecheggiare di passi frettolosi attraverso le scale, ma non poteva essere la sorella: l’incidere di quei passi era sicuramente maschile, e difatti comparve dal corridoio un uomo vestito con un camice bianco da infermiere.
«Buongiorno, è molto che aspetta? – disse rivolgendosi a Luca – Mi scusi, ma stamattina ho avuto un contrattempo?» continuò come recitando una poesia, senza neanche aspettare la risposta alla precedente domanda.
«Non si preoccupi! E poi sto ancora aspettando mia sorella.»
«Meglio così! – riprese l’uomo – Ma intanto che aspetta perché non entra così iniziamo a preparare i documenti per il riconoscimento e per la consegna della salma per la sepoltura?»
Luca seguì l’uomo dentro la fredda sala e lo vide aprire un grosso registro con i nomi dei defunti.
«Mi può dire il nome di suo padre?»
«Paolo Montes!» rispose distrattamente, mentre osservava ogni angolo di quella stanza, pensando che, probabilmente, anche lui un giorno sarebbe stato conservato nei frigoriferi di un ospedale come quello e osservava oggi quello che, forse, un giorno non sarebbe stato in grado di vedere.
Mentre l’infermiere era impegnato con le sue carte, la porta si aprì e, invece della sorella, entrarono altri due infermieri che spingevano un cadavere su una barella. I due, senza salutare né rivolgere alcun cenno, si limitarono a portare il corpo dentro uno dei loculi refrigerati, mettere qualche firma e uscire velocemente, riportando indietro la barella vuota. Mentre i due infermieri svolgevano un po’ goffamente il loro lavoro sollevando il morto dalla barella per riporlo nello scompartimento, Luca riconobbe qualcosa di familiare in quell’uomo, nonostante il volto del cadavere fosse rimasto scoperto dal lenzuolo solo per un attimo.
«Mi scusi! – rivolgendosi all’infermiere ancora intento con le sue carte – Ma anche lei ha avuto un lutto di recente?»
«No! Perché?»
«Nulla! Mi è sembrato che il cadavere che hanno appena portato le somigliasse. Non è che vuole controllare? Non so, forse ha un fratello.»
«Guardi, sono figlio unico e non ho cugini maschi. Si rilassi! Questo non è luogo per chi non è abituato e fa venire brutti pensieri. Adesso finiamo con la sua pratica, così potrà andare a casa e riposarsi.»
«Piuttosto – riprese l’infermiere –, procediamo col riconoscimento o aspettiamo sua sorella?»
«Le avevo promesso che lo avremmo fatto insieme, deve arrivare da Ferrara, dove ancora vive. È stato molto traumatico per mia sorella ricevere la notizia della morte improvvisa di nostro padre. Vivevano ancora nella stessa casa e lei era molto attaccata a papà. Quando mi ha chiamato, due giorni fa, era sconvolta: quel giorno nostro padre era uscito presto per venire a sbrigare qualche commissione qui a Bologna, e lo trovarono morto in strada. A quanto so fu proprio Federica a rispondere alla chiamata che informava di quanto era accaduto»
«Un infarto, pare» lo interruppe l’infermiere leggendo il referto nella scheda di Paolo Montes.
«Sì, è quanto hanno detto al telefono a Federica» confermò Luca.
Nuovamente la porta si aprì. Luca si voltò istintivamente verso la porta pensando di vedere la sorella, invece entrò un uomo, un po’ pallido, ma ben vestito. Luca lo guardò attonito.
«Papà, ma allora stai bene? Cos’è successo?» esclamò correndo verso l’uomo.
Anche l’infermiere si avvicinò restando sorpreso per quanto stava accadendo.
«Dobbiamo dirlo subito a Federica, anzi è strano che non sia già qua!» disse abbracciando suo padre.
«Federica ritarderà ancora un po’, è bloccata nel traffico della tangenziale per un incidente all’uscita di via Stalingrado.»
«Sì! Quello è uno svincolo pericoloso! – annuì Luca – Stamattina un idiota non ha rispettato lo stop e mi ha tagliato la strada, non so come sono riuscito a evitarlo!»
«Ѐ vero! – si intromise l’infermiere – Dovrebbero mettere un semaforo. Anche a me, proprio oggi, in quel punto è capitato un deficiente che non mi ha dato la precedenza, ed io venivo da destra, e mi stava finendo addosso!»
«Sì, lo so, ragazzi! – disse, poi, l’uomo – È inutile aspettare Federica, ritarderà ancora molto, voi invece siete stati puntualissimi. Adesso però dobbiamo andare! Anche lei, signore! – rivolgendosi all’infermiere – Perché non viene con noi? Il viaggio in compagnia è più piacevole, e anche il tempo passa prima.»
Finalmente un racconto bello, ben scritto, scorrevole, leggero ed ironico. Mi sono proprio divertita!!