IL VENTO E LE BETULLE
Di SERENA ANICHINI
C’era un piccolo bosco di betulle tanto tempo fa, vicino a un lago dove si fermavano le anatre di passaggio in cerca del caldo. Nel piccolo bosco viveva una famiglia di scoiattoli, un gufo vecchissimo, un paio di serpentelli sempre in cerca di un nascondiglio, una coppia di tartarughe e tanti piccoli passeri cinguettanti.
Gli scoiattoli si muovevano di continuo su e giù per i tronchi, portando cibo e giocando a rincorrersi, chiacchieravano con gli uccellini e prendevano in giro le tartarughe che non riuscivano a capire nemmeno una parola di quei discorsi troppo veloci.
Del gufo non si aveva traccia fino alla sera, quando si appollaiava su un ramo e raccontava le antiche storie delle foreste.
Anche gli alberi ascoltavano insieme agli animali. Dopo anni, però, le storie erano sempre le stesse e anche se il gufo era bravissimo a raccontare, gli alberi e gli animali cominciavano ad annoiarsi.
In segreto, per non offendere il gufo, aspettavano ansiosi l’arrivo dei venti che portavano alle foglie qualcosa di cui parlare. Così le foglie lo raccontavano ai passeri e i passeri agli scoiattoli e via giù fino alle tartarughe e ai serpenti. Mentre il gufo di giorno dormiva, il bosco era animato dalle chiacchiere trascinate dal vento.
Le betulle nella foresta erano agitate.
- Arriva Maestrale – frusciava una.
- Lo sento, è vicino – sussurrava un’altra.
Si aggiustavano le chiome, si guardavano l’un l’altra le foglie nell’attesa dell’arrivo del vento impetuoso chiamato Maestrale.
Ogni anno tornava, quel vento forte e carico di pioggia, portava storie dalle terre di Nord Ovest. Arrivava da dietro le montagne e giù veloce e rumoroso fino ai boschi della valle.
Le sciocche betulle lo aspettavano emozionate e desiderose di conoscere le sue incredibili storie.
- Eccolo! – gridò la prima cui scosse la chioma
- Signoreeeeeee – soffiò forte lui in mezzo al verde delle foglie – sono tornato uuuuhhhhh.
Tutte emozionate le betulle vibravano dalle foglie più alte fino alle radici più profonde.
Maestrale si infilava fra i tronchi, li circondava, li avvolgeva e risaliva verso il cielo, si rituffava fra i rami e ancora su e poi giù, non si fermava mai, mai si riposava.
E raccontava….
- Al di là delle montagne ho visto giganteschi animali che si nutrono di alberi – cominciò
- ooohh! – esclamarono le betulle attente
- Circondano boschi e foreste e …
- Falla finita Maestrale – starnazzò un’anatra che migrava verso il mare – e voi non credete a una parola di quello che vi racconta – disse rivolta alle betulle arrabbiate per l’interruzione.
L’intero bosco frusciava indignato – Vattene anatra, ritorna con il tuo stormo.
- Io vengo dagli stessi territori di questo cialtrone bugiardo – insisteva l’anatra – e vi assicuro che non c’è nessun gigantesco animale divoratore di alberi.
- Non datele retta – intervenne Maestrale soffiando forte verso l’anatra che girò su stessa tre volte prima di ritrovare la posizione – E’ solo invidiosa, a lei non racconto mai nulla!
- Quack quack quack – spernacchiò infuriata l’anatra – tu vuoi solo farti bello ai loro occhi, non sei che un pallone gonfiato!
- E tu un pennuto starnazzante che non fa che cercare il caldo, non hai tempo di vedere ciò che vedo io – continuava infuriato Maestrale – tu non sali sulle cime delle montagne più alte, non ti infili fra i grandi alberi delle foreste e nemmeno scivoli dentro i camini delle case degli uomini per ascoltarli raccontare le fiabe.
L’anatra non poté che rispondere un rassegnato – Quack!
E tornare virando verso il suo stormo.
Le betulle arruffate dalla collera di Maestrale aspettavano ansiose che riprendesse il racconto. Loro non avevano dubbi, credevano a ogni parola del vento.
- Credetemi amiche betulle dai bei tronchi sottili – continuò Maestrale cercando di ristabilire la calma – i Grandi Divoratori non sono una mia invenzione.
- Lo sappiamo amico vento – disse la betulla più giovane del bosco – perché dovresti mentirci?
- Continua il tuo racconto – lo supplicarono gli alberi.
Turbinando fra i rami più bassi Maestrale si schiarì il potente vocione.
- I Divoratori sono alti e fortissimi, fatti di metallo lucente e durissimo…
Non riuscì a terminare la frase. Una folata di vento ghiacciato fece rabbrividire anche lui.
Era arrivata Tramontana, soffiava dal più profondo Nord, dalle terre del ghiaccio e del freddo polare.
- Scansati Maestrale – disse scontrosa – non perdere altro tempo, devi andare verso la costa, ti aspettano le pinete giù al mare.
- Oh Tramontana, sei sempre arrabbiata tu – le disse Maestrale – ho il dovere di raccontare ciò che ho visto alle betulle, devono sapere…
- Sapere un’altra delle tue bugie? – lo interruppe Tramontana facendo gelare le foglie di una betulla.
- Ahi – disse quella
- Perdonami amica betulla – si scusò Tramontana – non dovrei stare qui, sono troppo fredda per voi, ma dovevo – continuò rabbiosa – ricordare al mio collega i suoi doveri!
Maestrale mulinò inviperito verso il cielo, poi tornò giù travolgendo una nuvola di passaggio e sbuffò in faccia a Tramontana: – Se non mi avessi interrotto avrei già finito e sarei in cammino verso il mare. Vattene tu che fai ghiacciare il bosco intero.
Tramontana offesa si infilò nel sottobosco e strisciò via.
Era tardi, Tramontana aveva ragione, Maestrale non avrebbe dovuto trattenersi così a lungo nel bosco di betulle. Le pinete in riva al mare lo aspettavo per la pioggia che non arrivava da settimane. Avevano bisogno di dissetarsi e sciacquarsi il sale di dosso.
Maestrale prese fiato e in un solo fortissimo soffio raccontò alle betulle che i Divoratori di Alberi marciavano verso il loro piccolo bosco. Raccontò anche che nelle case degli uomini aveva sentito dire che al posto del bosco ci sarebbero state molte case per moltissimi uomini.
- Proprio così – continuava Maestrale senza riprendere fiato – al posto del vostro bosco saranno costruite le case per ospitare gli uomini…
Le betulle erano terrorizzate.
- E’ terribile
- Una sciagura
- Cosa ne sarà di noi?
- Oh Maestrale sciagurato – gli si rivolse la più anziana del bosco – perché ci hai raccontato tutto questo?
Maestrale non credeva alle proprie orecchie, pensava di aver fatto un favore alle amiche betulle.
- Ora che sappiamo – continuò l’anziana – cosa dovremmo fare? Noi siamo alberi non possiamo scappare.
Era vero. Maestrale era così dispiaciuto. Si gonfiò di pioggia e la lasciò cadere su tutto il bosco, bagnò le chiome, i rami bassi, i bei tronchi e la terra sopra le radici che bevvero la sua pioggia buona. Maestrale piangeva per la tristezza.
- No no no – intervenne il grande Gufo svegliato dal rumore degli alberi e del vento – no e no Maestrale, devi raccontare tutta la verità.
- Che vuoi dire vecchio gufo? – chiese Maestrale ritirando la pioggia
Il Gufo sbuffò, arrabbiato per essere stato svegliato. Spiegò le ali e in silenzio planò fino alla piccola radura nel centro del bosco. Si appollaiò su una roccia e disse:
- Ascoltate amici, Maestrale non mente, ma io conosco gli uomini e so come si comportano
- E come lo sai se non ti sei mai mosso dal nostro bosco? – chiese un giovane albero
- Oh piccola betulla, sei tu che non sei mai uscita dal bosco. Io ho le ali e ho volato in lungo e in largo, ho visto posti meravigliosi e luoghi mostruosi…
- E perché allora non ci hai mai raccontato niente dei tuoi viaggi ?– lo interruppe di nuovo l’albero – Perché non hai fatto che raccontarci vecchie storie sempre uguali?
Il Gufo abbassò lo sguardo triste e disse: – Mi dispiace, ma non ho avuto il coraggio di dirvi ciò che succede agli alberi per mano degli uomini.
Il bosco era silenzioso, solo Maestrale soffiava fra le cime più alte.
- Amiche mie – continuò il gufo – gli uomini hanno figli che a loro volta hanno altri figli. Diventano sempre più numerosi e hanno bisogno di nuove case. Le costruiscono con il legno degli alberi…- si interruppe un momento e deglutì – degli alberi più vecchi.
- Oooooohhhhh! – esclamarono inorridite tutte le betulle.
- Ma ne piantano di nuovi – si affrettò ad aggiungere il Gufo come per rimediare.
Allora la betulla più anziana parlò alle compagne più vecchie: – Sorelle, non siate infelici. Il nostro legno è più buono, più utile. Noi abbiamo vissuto a lungo, è giusto lasciare il posto a nuovi alberi.
Le betulle chinarono le foglie e appoggiarono le cime le une alle altre.
L’anziana continuò:- Siate felici, per noi inizia una nuova vita. Saremo tetti che proteggeranno dalla pioggia forte e gli uomini ci saranno grati, saremo pareti che ascolteranno fiabe e saremo noi a essere grate a loro. Saremo panchine su cui fermarsi a riposare e altalene su cui giocare.
I bimbi sorrideranno grazie a noi e noi rimarremo per sempre nei loro ricordi più belli.
Gli uomini arrivarono e lavorarono sotto una pioggia battente perché Maestrale non se ne voleva andare e li lasciò in pace solo quando l’ultimo degli alberi anziani fu abbattuto.
Bagnò anche le piccole piantine che sarebbero diventate grandi e bellissime betulle.
Soffiando via si voltò a salutare gli alberi rimasti e promise che sarebbe tornato dal mare con nuove meravigliose storie.
Complimenti Vivissimi Serena Anichini!!!