IL PAESE NUOVO
Di ANDREA VIGANO’
1. IL DITO DI DIO
Tu sei fra questi esseri umani che vedi distanti e non senti. Non senti più. Non senti più niente! “Niente! Niente! Niente!”. L’eco dei miei pensieri rimbomba nella volta celeste. “Uno scopo. Ci deve essere un scopo per cui vivere”. Polvere ed ombra siamo. E tu rimandi, scacci la morte dalla tua mente e ti lasci morire ogni istante. L’assillo del martello batte il suo primo colpo, poi il secondo, e via dicendo il tempo fa il suo corso. “Sono solo al mondo” dice una voce, che a mala pena si sente, mentre battono a morto le campane, ovunque. E risuona la valle, sempre più forte, che il suono sembra farsi cielo e il cielo incupisce.
Allora cede la diga, a monte, e straripa l’acqua, e sommerge la valle. Un fango nero divora il paese natale, e solo il campanile si vede ancora, e c’è un lago dove prima non c’era, e solo allora la campana cessa di suonare.
Mi sveglio di soprassalto.
È passato del tempo ormai, ma gli incubi ancora non mi lasciano. Il dottore dice che tutto passerà, col tempo, certo. Chi sopravvive a una catastrofe, la mattina non sa perché si sveglia e ingoia pillole, ma allevia i sintomi al massimo. Io non credo nella guarigione dal dolore, non così almeno… ma potesse… potesse il dito di Dio toccarmi il cuore!
Dal letto alla bombola del gas sono due passi. Il container è gelido, i miei respiri sono nuvole di fumo bianco. Scaldo un caffè mi vesto in fretta. “Per la ricostruzione io davvero non so se ha senso, sarebbe un paese completamente nuovo… e completamente deserto.” Seduto sul letto bevo il caffè mentre fisso gli occhi nel vuoto. “Il dottore invece diceva che sarebbe importante… si perché secondo lui… Cazzo! Dev’essere tardi.”
Esco. Il freddo incrina le costole e i bronchi, e adesso che è venuto l’inverno ho freddo e nessuno mi vuole intorno. Il governo mi ha assegnato a una segheria su a monte… prepariamo la legna per costruire le nuove case della valle, saremo un centinaio più o meno. La cosa buona è che con il rumore che fanno le seghe elettriche nessuno apre la bocca,e quando finiamo abbiamo addosso una stanchezza tale da ammazzare i pensieri e le parole.
Cammino salendo per il sentiero, verso la strada statale. I camion dell’esercito percorrono in su e in giù quello che ne resta, trasportando i civili superstiti per la valle. I militari staranno qui ancora per questo mese, poi chissà, dovrò prendere una jeep per arrivare alla segheria… ma in fondo chissenefrega. Cammino. I miei stivali affondano nel fango e trascinarsi è una fatica infame. E ad un tratto mentre sto salendo suona la campana, e il rintocco è quello, ne sono certo, è quello. Viene da sotto di me, dal paese sommerso. Mi giro di scatto vedo il campanile illuminato da un raggio di sole… il fango si deve essere depositato ormai perché l’acqua è limpida, sembra, e sotto io, io posso… posso vedere casa! …E i corpi verdi, gonfi d’acqua, riemergono… e … e questo è impossibile, perché io me li ricordo benissimo i funerali e il parroco, e che vivremo nella gloria di Dio in eterno e…
È in quell’ istante esatto che ho perso i sensi, rotolai a valle e battei la testa su un sasso. Certo il dottore aveva detto che i miei nervi non avrebbero retto, che avrei dovuto cambiare aria, ma io non avevo voluto saperne. Mi ero rifiutato di spostarmi a vivere giù al campo insieme agli altri della valle, così mi ero preso una bombola del gas e me ne ero andato a vivere sopra il mio paese, in quel container. Ricordo. Mi sforzo. Mi Sforzo in qualche modo di rimanere me stesso mentre una grande forza è come se cercasse di estirparmi dal mio corpo. E intanto tutto questo, tutti i miei pensieri, lentamente si dissolvono, le immagini si confondono e i ricordi cedono alla notte della mente. Blackout totale.
2. TERESA
Certo, io lo conoscevo. Più o meno ci conoscevamo tutti nella valle. Sapevo che la sua famiglia era rimasta là sotto, e che lui prendeva quelle pillole – sfido io. Lo vedevamo giù al campo quando veniva dal dottore della testa e qualche volta a messa, i primi tempi. Era un brav’uomo, tutti lo sapevano, e uno di cervello per giunta. Ma la gente dimentica, sì, la gente, nella sventura, dimentica. E così parlavano, parlavano male di lui – si intende – perché lui non ci stava più con la testa. L’avevano licenziato per via di questo e lui si era inventato tutta una storia… di una segheria, del governo, e che avrebbero ricostruito tutto, e che tutto sarebbe tornato come era un tempo… povera stella. Aveva smesso di venire a messa da qualche tempo, per via delle malelingue, si intende, e della sua malattia, che lui alla messa non ci sarebbe mancato nemmeno morto, almeno questa era l’idea che mi ero fatta. Così io pregavo per lui, giù alla nuova cappella, e accendevo dei ceri alla Madonna, e quando andavo giù al cimitero a trovare il mio Ernesto coi fiori di campo, ce ne mettevo un poco anche alla cappella della sua famiglia – così – un po’ perché c’avevo piacere io,e un po’ perché non si dicesse che lui trascurava i suoi morti. E io me l’ero preso a cuore, sì. Così quando ho visto che non scendeva più, e nemmeno il cibo si veniva a prendere, mi sono presa spavento, che tutti i cristiani devono mangiare. Così lasciavo la bimba – la bimba mia e del mio Ernesto – alla signora mia madre, che è una santa donna che mi ha insegnato tutto quello che bisogna sapere, lasciavo Maddalena e andavo su a piedi tagliando per il bosco. E anche quel giorno io stavo salendo, salivo tranquilla con la mia cesta come sempre, quando ho sentito le campane e l’ho visto là sotto, steso per terra come morto, in una pozza nera di sangue, e ho corso e i suoi occhi stavano aperti fissi nel cielo non ancora spenti e la cesta mi è caduta ed è andato tutto in pezzi.
3. OCCHI DI DONNA
Nel sonno il tempo scivola in un istante, così ci vedremo presto anima mia, anima bella, in un battito di ciglia. La mente è confusa, priva di ricordi, io sto in una stanza buia, coricato in terra assieme ad altri, corpi, sagome indistinte, il numero si confonde nella notte, una luce fioca filtra da non so quale luogo altro. Comprendo che la mia mente non suppone ne ricorda niente all’infuori di questo posto. Non ricordo. Non ricordo più ne perché ne quando sono arrivato. Mi spavento. Non c’è più niente per noi là fuori, forse. Anche la luce è un ricordo distante, privo di speranza. Così il torpore si diffonde, e io mi sollevo dolcemente da me stesso e l’idea davvero non mi dispiace affatto e mi guardo dall’alto e allora, solo allora, nel buio generale in cui vado scomparendo, vedo. Vedo due occhi nei miei, luminosi, due occhi di donna e mi ricordo ora, mi ricordo! E la sua luce mi attira, come una preda degli abissi, mi chiama irresistibile, e io mi getto a capofitto, attraverso.
4. IL PAESE NUOVO
“Io l’ho trovato così e credevo che era morto, così mi sono inginocchiata e ho pregato la Madonna per la sua anima e allora l’ho guardato negli occhi, e lui m’ha guardato a un tratto, pieno di gioia, e m’ha detto <<Teresa… sono contento che sei venuta>> e poi s’è alzato come niente fosse e m’ha detto <<Vieni, voglio farti vedere una cosa>> e così siamo andati su per il bosco e là c’erano gli altri.”
“Signorina, voglio ripeterglielo un’altra volta, l’uomo di cui lei mi parla è morto. E non ieri, ma da ben due settimane. Torno quindi a domandarle…”
“Sei libero di non crederlo che stavo con lui, ma così è la verità! Te l’ho detto: eravamo io lui e altri amici su al paese, e abbiamo finito il lavoro e …”
“Certo, certo…”
“..E adesso c’è la strada e il paese è collegato e si può tornare a vivere! … non capisci? Era questo il suo punto! Così mi dice << Teresa, io ho finito, tu vai giù e dì a tutti di tornare alle loro case>> e io sono venuta con una buona notizia, che non pensavo mica di trovare tutti questi problemi qui…e dico,<<andiamo a vedere, no? >>”
“Adesso basta!”
<<Questa povera ragazza non ha retto il colpo>> così pensava il responsabile del campo.
E così non sapeva se farla rinchiudere ancora una volta, o se assecondarla, e farsi condurre per il bosco, e una volta lì, svergognarla, nella speranza che rinsavisse da sé, e smettesse di tormentarlo con quella storia, senza che egli fosse costretto a prendere provvedimenti. Sgradevoli per lui, perché in fondo Teresa non faceva del male a nessuno.
Così si convinse a tornare sui monti per farsi guidare personalmente al paese nuovo. E usciti per strada c’era un capannello di curiosi ad aspettare, e una volta che si furono messi in marcia accorse altra gente ancora che aveva sentito la cosa e non voleva perdersi il fatto. Così iniziarono a salire per il bosco, ed era una vera e propria processione e alla testa era Teresa, come accesa da un sacro furore, e pareva che sapesse dove andava, e subito dietro di lei stava il responsabile del campo a rimuginare dentro di sé, se avesse avuto una buna idea o meno.
E tutta questa scena Teresa vedeva dall’alto sostenuta come da una musica di trionfo, dal canto celestiale degli angeli, e il sole illuminava la strada tra gli abeti e a un tratto furono in una verde radura ed erano una moltitudine di uomini e donne accorsi da ogni dove, e allora Teresa si fermò e si fermarono tutti. E anche la musica cessò di suonare.
Nel silenzio generale si udì chiaramente, la campana del paese vecchio battere le ore. Poi un boato. La montagna, a valle, aveva ceduto travolgendo ogni cosa. Ma giù al campo oramai non stava più nessuno. “Ora si può tornare a vivere” disse Teresa come ultima frase, poi svenne.
Quando riaprii gli occhi era notte e le stelle erano grandi nel cielo. Si trovava al paese nuovo, e c’erano un centinaio di case, e su ogni porta c’era il nome di una famiglia, e dalla sua casa filtrava ancora la luce e la sua porta si spalancò abbagliando la notte. Sulla soglia stava la signora sua mamma e il suo vecchio, che non vedeva ormai da molti anni, e Maddalena era in braccio a lui dormendo dolcemente. E il suo Ernesto. Il suo Ernesto sorrideva, porgendole un mazzo di fiori di campo.
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